Lo stile affettivo nell’organizzazione di personalità di tipo fobico
“All you need is love”: Lo stile affettivo nell’organizzazione di personalità di tipo fobico”
di Antonio Fenelli, Cecilia Volpi, Emanuele Guarracino e Massimo Esposito
Associazione di Terapia Cognitiva, Studio “Multiverso” – Via degli Scipioni 245 – Roma
Abstract
Questo lavoro nasce grazie alle numerose ed interessanti discussioni, di natura squisitamente clinica, tra colleghi, che hanno favorito la condivisione di osservazioni e rilevazioni relative a percorsi di Psicoterapia con pazienti aventi come caratteristica principale il rientrare in quella che, all’interno dell’orientamento Costruttivista-Post-Razionalista, viene denominata, Organizzazione di Significato Personale (OSP) di tipo “Fobico” (Guidano, 1983).
La costruzione “fobica” di sé e del mondo sarà coerente con la modalità di scelta del partner e della strutturazione dei legami, i significati prenderanno forma all’interno della reciprocità possibile.
(Come la persona che organizza il proprio sistema di significati intorno a temi di tipo “fobico” sceglie il/la proprio/a partner? Come questo universo di significati condiziona i legami, l’affettività e la reciprocità della coppia?)
– Caratteristiche generali dell’OSP di tipo “Fobico”
L’organizzazione di tipo fobico si riscontra in quei bambini che hanno sviluppato con la figura di accudimento, generalmente la madre, un attaccamento insicuro evitante (coercitivo) e resistente alla separazione o ambivalente. Se la mamma permette poco al bambino di esplorare autonomamente il mondo, questi avrà meno strumenti per affrontare le difficoltà. Inoltre il bambino, che non ha ancora delle capacità metacognitive completamente formate, può farsi l’idea che la madre non gli dia l’autonomia, magari concessa ai suoi coetanei, perché lo ritiene più debole e vulnerabile. E’ come se si consolidasse in lui l’idea che è debole, mentre il mondo è pericoloso. Quest’idea di pericolosità è legata al fatto che, anche quando la figura d’accudimento permette al bambino di allontanarsi, a volte solo perché vi è costretta, lo fa trasmettendo una discreta dose di preoccupazione.
Quindi, fondamentalmente l’unità organizzativa che sottende l’Organizzazione di Significato Personale di tipo “Fobico” sembra essere basata su un equilibrio dinamico tra due polarità emotive: paura, legata al bisogno di protezione da un mondo percepito come pericoloso; e curiosità, correlata ad un bisogno di libertà e indipendenza all’interno del mondo. (Rezzonico, 2012)
Le caratteristiche principali di questo stile organizzazionale sono: una spiccata tendenza a rispondere con paura e ansia a qualsiasi perturbazione dell’equilibrio affettivo che possa essere percepita come perdita di protezione e/o perdita di libertà e indipendenza; una tendenza a vivere stati d’animo fisicamente; uno stile affettivo caratterizzato da un ipercontrollo del/la partner, vissuto/a come base “protettiva” indispensabile, mentre conferma la propria necessità di libertà; immagine costruita dell’altro nella relazione affettiva è collegata, in modo altalenante, alla necessità di essere alleviato dalla paura di vivere in un mondo pericoloso e al bisogno di indipendenza e autonomia.
– Stile Affettivo come Reciprocità possibile: la compatibilità del senso
La reciprocità, come espressione della relazione, viene posta in evidenza già da Mario Reda in un suo lavoro del 1986. Nel suo significato originario, “reciprocità” proviene dal latino rectus-procus-cum , ovvero “ciò che va e che torna vicendevolmente”. Reciprocità s.f. inv.: condizione di ciò che è reciproco, vicendevole. Reciproco agg. (pl.m. -ci, f. -che): che si manifesta in modo analogo tra due soggetti o elementi, che riguarda a pari titolo due soggetti (Dizionario 2010). In altri termini per “reciprocità” si intende tutto ciò che avviene fra due persone, due cose, due gruppi in modo che ad un’azione o ad una cosa ricevuta da uno dei due termini corrisponda un’azione o cosa equivalente per l’altro termine. Il termine è molto utilizzato in Matematica, in Economia (in particolare nell’ambito dei mercati politico/finanziari), in Fisica e in Psicologia.
In quest’ultimo ambito leggiamo di reciprocità grazie agli studi di Trevarthen (1998) in riferimento al rapporto sincronizzato tra madre e bambino, a Stroufe (1982), le cui ricerche sono per lo più orientate allo sviluppo emotivo del bambino, a Schaffer (1998) e a Stern (1974, 1982, 1985) sempre con particolare attenzione allo sviluppo infantile.
Dal lavoro di questi autori emerge chiaro che durante il periodo dell’infanzia, tra la figura di accudimento (caregiver) e il bambino si verifica un processo di sintonizzazione, che contribuisce allo sviluppo della mente “relazionale” della persona.
Secondo Sander (1980), «sin dalla nascita il bambino ha capacità di autoregolazione per modulare le stimolazioni interne ed esterne e raggiungere una coordinazione che dà luogo a uno stato: un evento o esperienza interna, ma anche un segnale osservabile per i caregiver. Nel sistema neonato-caregiver un’organizzazione è già consolidata dal quarto-sesto giorno: il che significa che il bambino apprende dalla notte al giorno!».
Secondo Sander (1980), quindi, il bambino e le figure di accudimento che lo circondano costituiscono un sistema vivente la cui coerenza è mantenuta da un reciproco e ininterrotto flusso di scambi che si regolano vicendevolmente.
Ne emerge la configurazione di “reciprocità” come un’”attitudine”, “che va e che viene”, che sussiste in modo analogo e vicendevole tra due o più soggetti e soprattutto che è espressione della connessione (della relazione) e quindi dell’interdipendenza, che a nostro avviso risulta essere la parte centrale della connessione e in ultima battuta del legame (affettivo) fra le persone (Fenelli et altri 2011)
In conclusione, il meccanismo di attribuzione dei significati è il principio mediante il quale ci si connette nella “reciprocità”.
Il processo che abbiamo appena descritto, pare, non prevedere necessariamente che i significati personali dei componenti della coppia, che sovente sono totalmente “taciti”, siano identici. Pare invece, a nostro avviso, essere necessario che essi siano compatibili, con il modo con cui ci si organizza (dare senso) la propria esperienza, per l’illusione di una comune costruzione di senso. Un esempio teorico:
LUI ALZA IL BRACCIO E TENDE LA MANO
PER DARE UNA CAREZZA AFFETTUOSA
LEI PIEGA IL CAPO E PORGE LA GUANCIA
PER ESSERE ACCAREZZATA, CON AFFETTO
LUI ALZA IL BRACCIO E TENDE LA MANO
PER DARE UNA CAREZZA DI CONFORTO E PROTEZIONE
LEI PIEGA IL CAPO E PORGE LA GUANCIA
PER ESSERE ACCAREZZATA CON AMORE
Appare chiara la reciprocità del comportamento e la costruzione di uno “stesso” significato nel primo caso e la costruzione di un significato molto diverso nel secondo caso, che mantiene la compatibilità
L’esempio che segue è stato riferito da una coppia e oltre ad aver animato le nostre discussioni dopo lavoro, ci è sembrato particolarmente adatto a dimostrare quanto appena detto.
LUI: Vieni con me a vedere i CAMALEONTI
LEI: VIENI CON ME a vedere i camaleonti
Lui aveva proposto alla ragazza di andare a vedere i camaleonti, animali a cui era molto interessato, lei aveva accettato. Dopo alcuni anni la coppia era in forte crisi e si scambiavano accuse reciproche sulla mancanza di comprensione dei rispettivi desideri:
Lei diceva: “non stai mai con me” – Lui ribatteva: “non mi lasci mai libero di seguire i miei interessi”
L’incomprensione, una delle tante, stava, come si sarà capito, nel fatto che LUI aveva detto: Vieni con me a vedere i CAMALEONTI, dando una sostanziale rilevanza al desiderio di vedere quell’animale, che rappresentava una sua passione; LEI aveva dato la priorità al VIENI CON ME, in sintonia con quelle che da tempo rappresentavano le sue proteste.
Le conseguenze di questa sequenza sono facilmente intuibili, LUI continuava ad alimentare il suo senso di costrizione, mentre LEI continuava a collezionare delusioni e un senso di poca considerazione non faceva che alimentare rabbia e comportamenti di protesta.
I protagonisti di questo esempio sembravano ricadere in un’organizzazione di Significato Personale di tipo “Fobico” Lui, un’OSP di tipo “Disturbi Alimentari Psicogeni” Lei.
Possiamo, in conclusione, osservare lo stabilirsi di un sistema molto complesso di reciprocità che partendo dai gesti e dagli atteggiamenti corporei, con l’attivazione degli schemi emozionali senso motori, dei modelli operativi interni, arriva alla costruzione di significati personali consentendo così la strutturazione di relazioni che possono perdurare nel tempo. I diversi livelli di espressione della reciprocità affiorano alla coscienza anche solo parzialmente.
– Legàmi o Légami: non è una questione di accenti
“Noooo… se non ci fossi tu io me ne andrei
Noooo…. se non ci fossi tu
io non sarei prigioniero del mondo”
Per rimanere sul filo conduttore musicale, proponiamo la canzone di Lucio Battisti, dal titolo: prigioniero del mondo; come una sorta di inno al mondo costruito fobicamente. E’ il legame, l’altro che si configura come vincolo al mantenimento della libertà
Nello specifico dello stile “affettivo”, ci sembra che il processo di “scelta del/la partner” che mette in atto una persona con OSP di tipo fobico, segua quelli che sembrano essere i temi di vita prima esposti. Ciò vuol dire che il/la partner deve garantire protezione ma contemporaneamente deve essere indipendente, mantenere la vicinanza senza dare sensazioni di controllo o di costrizione; deve emozionare ma non troppo.
La percezione del legame lievemente costrittivo si accompagna a note di rabbia e quindi inevitabilmente all’allontanamento.
La sequenza di scelta, sembra avvenire secondo l’attivazione degli schemi sensomotori che sono sottesi alla costruzione dell’esperienza di: protezione, forza, indipendenza, libertà.
Secondo specifici gesti e tratti somatici che si pongono come caratteri attrattori di significati personali tipici dello stile organizzazionale (Liotti, 1995).
L’oscillazione, tra la percezione della libertà, che produce allontanamento, seppur a carattere esploratorio, e la successiva percezione della solitudine vissuta come vagamente pericolosa, che induce a tornare, rappresenta anche la modalità con cui la persona con OSP Fobica, gestisce il legame affettivo.
– La costruzione del legame
“Avere nelle scarpe la voglia di andare.
Avere negli occhi la voglia di guardare.”
E invece restare… prigionieri di un mondo
che ci lascia soltanto sognare, solo sognare….
No! Se non ci fossi tu io me ne andrei
Noo! Se non ci fossi tu io non sarei prigioniero del mondo”
LEI TELEFONA TUTTE LE SERE PER “SENTIRMI”
IO MI FACCIO TROVARE PRONTO
LEI MI STA VICINO, SE MI SERVE MI PROTEGGE
La reciprocità del legame è costruita intorno alla ricerca di vicinanza fisica, la seduzione è volta ad assicurarsi che l’altro si avvicini. Il contatto fisico, mai eccessivamente prolungato, è modulato sulle percezioni fisiche. Emergeranno alla coscienza prevalentemente i “comportamenti di reciprocità” a scapito dei significati che resteranno taciti favorendo l’illusione della costruzione di un senso in comune (Gilbert, 1997)
La percezione del legame avviene attraverso la vicinanza e il contatto fisico: è il corpo che ha la conoscenza: la voglia di andare è NELLE SCARPE e la voglia di guardare è NEGLI OCCHI.
Mario Reda (1986) ha descritto un paziente che dal giorno del matrimonio ha iniziato a sentire che le scarpe gli stringevano e ha dovuto acquistarne di più grandi, così come le camicie ed i vestiti.
Il sentimento di libertà viene ritrovato sperimentando l’allontanamento e godendo di una “libera solitudine”
La percezione emotiva, avvertita come una vaga sensazione di mancanza, diventa segno di debolezza rapidamente valutata come malessere fisico.
Per quanto concerne le oscillazioni nel legame, la ricerca del perfetto equilibrio porta all’alternanza di allontanamenti, per verificare la propria libertà, e successivi avvicinamenti spinti dalla percezione della “assenza” e da una potenziale mancanza di protezione.
Questo movimento è spesso alla base di quelle situazioni in cui, nello stereotipo, una donna si lamenta di non sentirsi amata perché il partner “non si assume le proprie responsabilità” e “un momento mi cerca e vuole stare con me, poi si allontana e non si fa sentire”; tutto ciò è ben lungi dal significare un interesse
limitato e parziale anzi, sarà tanto maggiore quanto maggiore è il coinvolgimento, quindi un segno di grande “amore”.
Contrapposta all’estrema concretezza della relazione ed alla percezione della limitazione del legame, si sviluppa la fantasia di viaggi solitari che spesso si configurano come veri e propri sogni ad occhi aperti.
– La crisi della relazione
Lo sbilanciamento su di un lato di questo delicato equilibrio produce spesso crisi nella coppia. Crisi tendenzialmente vissute con drammaticità. Principalmente perchè rappresenterebbe la prova che c’è o c’è stato un legame e, in secondo luogo, per l’indecidibilità, percepita come “mancanza di controllo” per l’impossibilità di usufruire delle informazioni sul rapporto affettivo derivanti dalle emozioni. Per superare il dramma del processo di separazione si cerca rifugio da amici e amiche accudenti che sostengono e “tengono compagnia”, un nuovo legame condurrà in un nuovo porto sicuro, dove si può stare di nuovo vicini e protetti, la tempesta emotiva si placherà e tutto tornerà calmo.
Star soli diventa sentirsi “solo e abbandonato”, potenzialmente in pericolo senza una rassicurante vicinanza fisica.
La mano nella mano diventa una morsa che trattiene e impedisce anche il minimo allontanamento.
LEI TELEFONA TUTTE LE SERE PER “SENTIRMI”
IO MI FACCIO TROVARE PRONTO
LEI MI FA STARE AL TELEFONO MI LIMITA
La percezione di un lieve ritrarsi può allarmare e innescare nell’altro strategie controllanti, vale a dire, una maggior richiesta di vicinanza può favorire percezioni di costrizione.
La reciprocità alla base della relazione si alimenterà di significati diversi da quelli iniziali.
La difficoltà nell’auto osservazione e nella condivisione degli stati emotivi rende difficili i processi di meta comunicazione riconducendo molto spesso i confronti, all’interno della coppia, ad uno scontro fra la concretezza assoluta e l’astrazione dei significati.
Come uscire dal dilemma legame/solitudine? Una soluzione spesso adottata è il multitasking. La migliore assicurazione per proteggersi da un legame vincolante è non renderlo esclusivo!
La “distribuzione” del legame fra più persone fornisce numerosi vantaggi: si sperimenta la libertà di scegliere con chi stare; se uno è impegnato si può stare con l’altro e si evita la solitudine; la percezione del legame non è totalitaria; mettere in atto processi di seduzione in modo costante, rassicura sulla possibilità di avere qualcuno vicino ogniqualvolta lo si desidera.
Ovviamente ci sono anche dei rischi: cosa fare se si è “costretti” a scegliere? Dramma apparentemente irrisolvibile perché in ogni caso si sperimenta l’abbandono!
Il “Fobico” in Psicoterapia
Dal momento che la relazione Terapeutica è principalmente una relazione umana, le coordinate che la persona, con OSP di tipo “fobica” segue, non sono tanto distanti da quelle percorse nella costruzione di un qualsiasi altro rapporto affettivo.
Per cui la strategia che il cosiddetto “fobico” attua per garantirsi protezione e vicinanza è diventare amico del terapeuta, guadagnare “affetto” e se una terapia può finire, una amicizia è per la vita! Quindi, non può che sentirsi, sempre protetto, soprattutto mai solo e sempre libero per le banali regole che caratterizzano il rapporto terapeutico, ovvero:
la parcella, in quanto, dal momento che pago il terapeuta, lui sarà disponibile quando mi serve; gestione degli incontri a seconda delle proprie esigenze, dal momento che gli appuntamenti sono definiti di volta in volta.
Un frammento clinico: alcuni anni fa il terapeuta ha avuto un serio problema cardiaco, alla ripresa dell’attività clinica dopo più di due mesi di convalescenza, rivede Marco:
– M: “Dottore come sta?” (con tono un po’ allarmato)
– T: “Ora bene grazie”
– M: “Mi sono spaventato: se lei fosse morto io cosa avrei fatto? Mi sarei trovato perso senza di lei!! Per me sarebbe stato terribile!”
– T: “In tutta sincerità: se fossi morto, della sua situazione, non mi sarebbe importato granché!”
Il cardine di questo trattamento è proprio nella sperimentazione di modi diversi di affrontare il mondo e nell’accettazione delle proprie debolezze che non devono essere motivo di vergogna, ma possono interpretarsi come maggiore sensibilità, soprattutto quelle relative a tematiche quali l’abbandono e la separazione. La percezione della costrizione e della solitudine diventano gli indicatori dell’importanza e dell’intensità della relazione affettiva: sono segnali non sirene di allarme!
Conclusioni
Da un incontro potrà nascere un rapporto se verranno costruiti significati “compatibili” generati nella “reciprocità possibile” dei sistemi significanti.
“Avere nelle scarpe la voglia di andare.
Avere negli occhi la voglia di guardare.”
E invece restare… prigionieri di un mondo
che ci lascia soltanto sognare, solo sognare….
No! Se non ci fossi tu io me ne andrei
Noo! Se non ci fossi tu io non sarei
prigioniero del mondo”
Bibliografia
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